Test per intolleranze alimentari. Sono davvero affidabili?

Credo che quasi a chiunque sia capitata la sensazione di essere poco in sintonia con un ingrediente o una categoria alimentare. Il pensiero va subito alle intolleranze alimentari e ci si domanda come fare per arrivare a una eventuale diagnosi.

Purtroppo però molti dei test per intolleranze alimentari che vengono proposti, ad oggi, hanno poca o nulla evidenza scientifica. Sono esami semplici e rapidi, che spesso si confondono con esami medici seri perché in alcuni casi sono collegati ad analisi del sangue o strumentazioni sofisticate che traggono in inganno.

I principali test per intolleranze alimentari

  • Test di Kinesiologia Applicata: questo metodo consiste nella “degustazione” dell’alimento da testare e successivamente nell’applicare un test muscolare. Una revisione di oltre 50 studi scientifici ha concluso che questo test non è supportato da alcuna base fisiopatologica ed è del tutto inefficace a fini diagnostici (Schwartz SA et al. 2014). Già nel 2001 Lüdtke R e colleghi dichiaravano “…the use of Health Kinesiology as a diagnostic tool is not more useful than random guessing” (Lüdtke R et al., 2001).
  • Test elettrodermici (Vega test, Sarm test, test di biorisonanza): in questi test si usa un apparecchio con due elettrodi, uno è in contatto con una fiala contenente l’alimento in soluzione da testare, l’altro è in contatto con la cute del paziente. Lo strumento restituisce un risultato che indica la “compatibilità” tra persona e alimento. Queste misure non sono riproducibili e per questa ragione non possono essere considerate un metodo scientifico. Diversi studi e revisioni scientifiche hanno dimostrato la totale inefficacia di questi approcci (Lewith GT et al., 2001; Schöni MH et al., 1997; Wüthrich B 2005).
  • test citotossico ALCAT: si basa sull’osservazione dei globuli bianchi che messi a contatto con i potenziali allergeni si gonfiano fino alla rottura della membrana cellulare (vengono così definiti diversi gradi di intolleranza) in caso di positività. La letteratura scientifica ritiene questa procedura priva di fondamento e di riproducibilità (Beyer K er al., 2005).
  • Test IgG4: secondo questo test una sottoclasse di anticorpi IgG, le IgG4, dovrebbe essere in grado di rivelare l’intolleranza verso un gran numero di alimenti. In realtà, la presenza di questi anticorpi correla con la sua regolare ingestione (Stapel SO et al., 2008).

Il diario alimentare

Invece dei costosi e inaffidabili test per le intolleranze, certamente più utile può essere la stesura di un diario alimentare giornaliero. Questo semplice compito potrebbe permettere di correlare i disturbi digestivi a determinati cibi piuttosto che altri. La dieta di eliminazione permette quindi di eseguire una diagnosi per esclusione: un bravo nutrizionista che sa ricavare la composizione degli alimenti potrebbe, ad esempio, capire che i disturbi si associano a elementi ricchi in nichel. A questo punto si può eliminare l’alimento di disturbo dal proprio piano alimentare e poi programmare, a distanza di tempo, un suo progressivo reinserimento. Se i sintomi scompaiono durante il periodo in cui viene abolito l’alimento dalla dieta e si ripresentano una volta reintrodotto, è molto probabile che si tratti di una reazione avversa al cibo.

E se non ci fosse nessuna intolleranza?

In questo contesto, in cui esistono decine di test inefficaci per diagnosticare problemi di intolleranze (forse inesistenti), può essere utile:

1) svolgere un ciclo di cura con fermenti lattici per correggere un’eventuale disbiosi della flora intestinale.

2) un approccio fisioterapico. Se né i test clinici, né il diario alimentare, nè la cura con i fermenti lattici sono stati utili, si può pensare che la causa dei disturbi sia di origine meccanica, come una errata peristalsi intestinale. In realtà questa è la possibilità più semplice e probabile. Il transito del cibo nell’intestino ha dei tempi fisiologici, che se non sono rispettati provocano fermentazioni anomale e il sovvertimento delle basi enzimatiche alla base dei processi digestivi. Questi fenomeni possono provocare gli stessi sintomi di una intolleranza alimentare (dolore, gonfiore, flatulenza etc).

La corretta peristalsi può essere ripristinata grazie a un aiuto fisioterapico. Specifiche manipolazioni possono ad esempio rilassare un tensore miofasciale troppo teso che non permette la fisiologica dilatazione dei visceri. Lo stesso tipo di manipolazioni può ripristinare il corretto bilanciamento delle tensioni tra i muscoli e le fasce addominali e “ricalibrare” un tensore troppo lasso che non offre una contro spinta adeguata al passaggio del cibo. Inoltre esistono specifiche stimolazioni che, agendo sul sistema nervoso autonomo, possono migliorare il riflesso peristaltico.


Se sospetti di soffrire di una o più intolleranze alimentari, possiamo intraprendere un percorso di analisi e osservazione del tuo regime alimentare per arrivare a una corretta diagnosi e alla sua cura più efficace: